lunedì 11 maggio 2015

Vivere oggi


Oggi viviamo in una società che ci vuole far credere che tutto sia uguale, il vero ed il falso, il bello ed il brutto, che lo studente vale tanto quanto l’insegnante, che non si devono mettere voti per non traumatizzare i cattivi studenti. Ci vogliono far credere che la vittima conta meno del delinquente. Che i vandali sono buoni e che la polizia è cattiva. Lo slogan di moda è “vivere senza obblighi e godere senza limiti”. Siamo, infatti, passati da una società della disciplina, dove c’è il conflitto tra regola e trasgressione, tra pulsione e divieto, ad una società dell’efficienza e della performance spinta, per cui il disagio psichico non è più determinato da un conflitto tra il permesso ed il proibito, ma da un senso di inadeguatezza, di insufficienza, se non addirittura di fallimento nella capacità di spingere a tutto gas il possibile fino al limite dell’impossibile. Nella nostra società è saltato il concetto di limite. E in assenza di un limite, il vissuto soggettivo non può che essere di. inadeguatezza, se non di ansia, ed infine di inibizione. Le famiglie si allargano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa dei giovani per condurli sulle vie del divertimento e del consumismo, dove ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il disagio non è del singolo individuo, ma l’individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti, fino alla perdita di senso e di legami affettivi Oggi molti, perfino fra i credenti, non accettano senza discutere i comandamenti morali formulati dalla Chiesa, ma vogliono riflettervi e, in definitiva, decidere loro cosa è bene e cosa è male. E molti sostengono che, in questo modo, ciascuno si fa la morale come gli fa comodo col risultato che la societàmoderna è diventata una babele etica in cui tutto è permesso